La carne bovina è da molti considerata la più pregiata. Convinzione che i dati sul consumo sembrano confermare: la carne bovina è infatti una delle più consumate insieme alle carni suine e avicole. Un recente studio Coldiretti, basato su dati Ismea, ha registrato un aumento del consumo di carne bovina superiore al 5% nel 2018. Un ottimo risultato dopo il calo degli ultimi anni, caratterizzati da una sostanziale stagnazione della spesa alimentare. Il volume di importazione e acquisto di carne bovina in Italia si mantiene tutto sommato stabile nel tempo, potendo contare sul consumo regolare del 93% delle famiglie.
I consumatori di carne bovina sono infatti convinti che:
I dati Ismea mostrano inoltre che il valore aggiunto maggiormente ricercato dai consumatori è dato dall’insieme di autenticità, sostenibilità, equilibrio nutrizionale ed esperienza sensoriale. L’incremento dei consumi è stato accompagnato e incentivato da iniziative di valorizzazione, messe in atto sia da Aziende che da Istituzioni, incentrate sull’adozione di forme di alimentazione controllata e di sistemi di rintracciabilità elettronica. Iniziative che avevano come obiettivo principale il miglioramento qualitativo delle carni e che si sono concretizzate nella realizzazione di un prodotto finito più magro, meno trattato e ottenuto nel rispetto del benessere degli animali e della salute del consumatore finale.
Ma da cosa dipende la qualità della carne bovina?
Quali sono le sue proprietà organolettiche e nutrizionali?
E cosa valutano aziende e consumatori finali al momento dell’acquisto?
In questo articolo parleremo delle caratteristiche della carne bovina, dei diversi criteri di valutazione e dei tagli migliori per la ristorazione, la GDO e il consumo privato.
Il termine caratteristiche organolettiche si riferisce all’insieme delle caratteristiche fisiche e chimiche di un alimento che vengono percepite dagli organi di senso. Vista, olfatto e gusto influenzano le percezioni del singolo consumatore determinando esperienze del tutto soggettive e manifestazioni di varia intensità quali piacere, indifferenza o disgusto. Le caratteristiche organolettiche della carne bovina possono essere suddivise in due gruppi principali – caratteristiche fisiche e chimiche – rappresentanti le proprietà specifiche che il consumatore valuta in ordine cronologico.
Le caratteristiche fisiche dipendono principalmente dalla vista e includono la forma, la dimensione e il colore. Queste influiscono sul consumatore in termini di percezione della freschezza e dello stato di conservazione dalla carne, risultando quindi piuttosto oggettive.
Le caratteristiche chimiche sono invece principalmente legate al gusto e includono sapore, odore, morbidezza, succosità, consistenza e grasso. Si tratta di caratteristiche determinanti in termini di esperienza sensoriale complessiva, che il consumatore valuta pertanto in modo altamente soggettivo.
Le caratteristiche organolettiche variano in base alla specie, alla razza, all’età e alle modalità di allevamento e macellazione dei capi. In particolare, nel caso della carne bovina, le caratteristiche organolettiche dipendono principalmente dalle diverse età di macellazione dell’animale: vitello, vitellone e bovino adulto. Le carni del vitello, grazie all’elevato contenuto di acqua, sono rosate, molto magre e caratterizzate da un sapore più dolce. Le carni di vitellone presentano un colore più acceso e sono generalmente più elastiche e più saporite. Infine, le carni del bovino adulto sono di un rosso intenso e più grasse e proteiche, quindi particolarmente adatte per essere cotte al sangue.
La carne bovina occupa un posto di rilievo nella dieta mediterranea e, più in generale, nelle scelte alimentari di chi punta a condurre una vita sana ed equilibrata. Questo perché rappresenta una fonte importante di proteine, vitamine, minerali e sostanze bioattive. Le insostituibili proprietà nutrizionali della carne bovina si devono soprattutto alla concentrazione di proteine nobili di elevata qualità contenenti tutti gli amminoacidi essenziali nelle giuste proporzioni.
Fondamentale è anche la ricca presenza di minerali e vitamine. Tra i minerali contenuti nella carne bovina figurano il ferro, lo zinco, il sodio, il potassio e il magnesio mentre per quanto riguarda le vitamine, la carne bovina ne contiene diverse del gruppo B (B1, B2, B6 e B12). È importante ricordare che la vitamina B12 si trova esclusivamente nei prodotti di origine animale e in particolare nella carne. Recenti studi hanno inoltre dimostrato che la carne bovina contiene sostanze bioattive e antiossidanti come la carnosina, la carnitina e il coenzima Q10.
Infine, la carne bovina è senza dubbio anche fonte di grassi e colesterolo, le cui quantità variano a seconda di fattori come razza, origine e taglio. La presenza del grasso è indice del fatto che l’animale da cui deriva la carne è sano e ben nutrito, per cui una carne buona deve necessariamente contenere delle parti grasse. Infatti, se è vero che il consumo di carne bovina viene raccomandato non più di una volta a settimana, è altrettanto vero che le moderne tecniche di allevamento ne hanno ridotto il contenuto di lipidi, ottimizzando il rapporto tra acidi grassi saturi, insaturi e colesterolo. Questo a ulteriore conferma del fatto che la carne bovina resta una fonte insostituibile di sostanze fondamentali per il corretto funzionamento dell’organismo, e può quindi essere consumata regolarmente senza eccessive preoccupazioni.
I principali canali di vendita e distribuzione della carne bovina sono la Ristorazione e la Grande Distribuzione Organizzata. In seguito alla macellazione, la carne può essere lavorata o meno da aziende intermediarie a seconda delle specifiche esigenze del cliente finale. In ogni caso, sia gli attori della Ristorazione che quelli della Grande Distribuzione Organizzata prestano grande attenzione alla “storia” generale della carne acquistata, valutandone la qualità in base a provenienza, tecniche di allevamento e macellazione degli animali, carica batterica, freschezza e durata.
Abbiamo già parlato di come nuove strategie basate sulla tracciabilità e la trasparenza dell’intera filiera abbiano portato ad un recente aumento di consumi della carne bovina. Questo aumento non si riferisce solo agli acquisti nelle macellerie o nei supermercati: circa un terzo del consumo di carne bovina avviene infatti fuori casa. Ristoranti, catering, hamburgerie, street food: le campagne di informazione indirizzate ai consumatori hanno migliorato la conoscenza delle caratteristiche e proprietà specifiche dei diversi tipi e tagli di carne, costituendo un valore aggiunto in grado di arricchire l’offerta enogastronomica e di sostenere così l’intero comparto produttivo.
La quantità, la tipologia e i nomi dei tagli di carne bovina variano da paese a paese e spesso anche da città a città, in base alla porzione dell’animale da cui vengono ricavati. In Italia, i tagli vengono generalmente classificati qualitativamente dal più al meno pregiato. In base alle caratteristiche organolettiche, allo spessore delle masse muscolari e alla presenza più o meno ricca di grasso e tessuto connettivo, si distingue in tagli di maggiore o minor pregio.
Ma partiamo dall’inizio. Una volta macellato l’animale si ricava la carcassa. Questa viene poi divisa in mezzene, a loro volta sezionate in quarto anteriore e quarto posteriore. È proprio dai quarti che si ricavano i tagli per la ristorazione, la GDO e il consumo privato. Il quarto anteriore comprende il collo, la spalla, parte del costato e parte del petto, mentre il quarto posteriore comprende la coscia, la pancia, parte del dorso e parte della lombata. La procedura di macellazione si conclude poi con la creazione del cosiddetto quinto quarto, comprendente gli scarti (testa e frattaglie).
I tagli generalmente più apprezzati dai consumatori sono quelli a più alto contenuto lipidico, con la minore presenza di tessuto connettivo e una buona distribuzione del grasso, che aggiunge morbidezza esaltandone il gusto.
I tagli di maggior pregio sono quelli derivanti dalla zona dorso-lombare, dalla coscia, dal quarto anteriore e dal dorso. Appartengono alle zone anatomiche che l’animale muove meno durante la vita e pertanto presentano poco tessuto connettivo, risultando più magri e teneri e quindi particolarmente adatti alla cottura alla griglia. Sono considerati tagli di maggior pregio: la lombata, il filetto, il controfiletto, lo scamone, la fesa e la noce.
I tagli di minor pregio sono quelli derivanti dagli arti, dal collo, dalla pancia e dalle frattaglie. Sono considerati meno pregiati perché più grassi, risultando quindi ideali per la macinazione e per le cotture lunghe come brodi e bolliti. Sono considerati tagli di minor pregio: la pancia, il collo, il fegato e la coda.